Le esperienze di solidarietà tra pari per uscire dalla doppia crisi: globale e della politica

«Un partito che si socializza e un sociale da ripoliticizzare»: c’è un «doppio ovimento» da favorire, ha detto Francesco Piobbichi agli oltre cento partecipanti che, l’altroieri, hanno raggunto la Festa del partito sociale a Poggibonsi, nel senese. Piobbichi, perugino, trentottenne, funzionario del Prc con una storia di operatore sociale, è il responsabile di un settore costituito dopo il congresso di Chianciano. Missione quella di trovare strumenti di innovazione (parola molto usata nella fase precedente per alludere alla liquidazione della forma partito) per ricominciare a fare politica dopo la batosta dell’Arcobaleno e ad essere utili nel pieno della crisi. «Il partito non è un ingombro – ha spiegato Piobbichi – da sostituire con un’agenzia di marketing». Ma la rifondazione o è sociale, o non è. Quasi due anni dopo il partito sociale è divenuto una delle gambe su cui far marciare la Rifondazione. Il colpo d’occhio sulla sala non può fare a meno di registrare un’età media inconsueta, decisamente più bassa
di altre istanze di partito. C’era chi, come Oscar Monaco è partito da Genova 2001 per arrivare ai cancelli della Merloni di Nocera Umbra con Arancia metalmeccanica o come Roberta Caprini che s’è iscritta solo un anno e mezzo fa, a Bergamo, e con la Brigata di solidarietà attiva prova a «ripoliticizzare il volontariato nella città col maggior tasso di associazioni caritatevoli».
La composizione della sala e la scansione degli interventi compongono un mosaico di pratiche che, in quasi due anni, si sono moltiplicate e diversificate: dai Gap, i gruppi d’acquisto popolari, quelli del pane a un euro, fino alle Brigate di solidarietà attiva, sorte nell’urgenza dei primi soccorsi alle popolazioni terremotate e sciamate nei territori per supportare dall’interno le lotte sui tetti delle fabbriche. Ci sono militanti storici e “utenti” dei Gap divenuti protagonisti. L’assemblea non è stata solo un contenitore di storie ma un momento di scrittura collettiva di un’agenda comune. «Perché il potenziale è enorme, c’è da aprire sedi, ricodificare le strutture, costruire rapporti con soggetti che, in propria autonomia, partecipano a queste attività», aveva avvertito la relazione introduttiva. Arancia metalmeccanica, spacci, scuole, ambulatori e palestre popolari: le pratiche di partito sociale sono una sorta di «inchiesta calda» che viene fatta nelle strade, nelle piazze, nelle case del popolo, nelle università, nei centri sociali e ciascuna allude non solo a un’esigenza di solidarietà tra pari nei punti di crisi, a un bisogno diffuso di occupare gli spazi desertificati da un welfare «che si ritira» ma a modelli sociali alternativi: i Gap – per esempio – scoprono la filiera corta, pretendono lavoro buono, reclamano la proprietà pubblica dei beni comuni e la sovranità alimentare. Sono un pezzo di ciò a cui pensa Ferrero quando, nell’intervento conclusivo, indica la necessità di «redistribuire il lavoro che c’è nella produzione di merci non dannose». Un Gap in ogni comune, una cassa di resistenza in ogni provincia, ovunque reti contro la crisi, oltre le singole vertenze, per un «patto di mutuo soccorso di massa». Queste alcune delle indicazioni su cui l’assemblea ha lavorato e che viaggeranno nei territori. Ci sarà bisogno di formazione – altro terreno desertificato nella fase pre Chianciano – «per evitare che la solidarietà si separi dal conflitto, per non diventare ammortizzatori sociali». Una delle interlocuzioni mature, con la proposta di una scuola quadri itinerante per l’attivismo sociale, è giunta subito da Roberto Mapelli di Punto rosso che aprirà le sedi all’operazione di «risocializzare il partito». Un’altra rete già a disposizione di una federazione di pratiche è quella dell’Unione inquilini: «La precarietà – ha ricordato Vincenzo Simoni, storico dirigente
dell’Ui – è cominciata prima sulla casa che sui temi del lavoro».
L’assemblea ha consentito anche la socializzazione della complessità di un rapporto col partito “normale” (in sala, tra gli altri, i segretari toscano e laziale, due consiglieri delle stesse regioni e l’assessore toscano). «Il partito sociale è un’alternativa alla crisi del partito piramidale», ha detto Daniela Basile, una delle precarie che l’altra estate erano salite sul tetto del provveditorato di Benevento. Quella lotta ha sedimentato l’occupazione di uno spazio e una cooperativa sociale che segue i ragazzi con difficoltà scolastiche. Esiste, ed è percepita, anche l’urgenza di «reagire all’oscuramento mediatico », ha spiegato Antonio Ferraro, animatore del portale controlacrisi.org che, ogni giorno è cliccato da migliaia di utenti, spedisce una newsletter a 8mila contatti e porta in dote al partito sociale un esperimento di «costruzione di un punto di vista di sinistra sulla crisi». Molte narrazioni condivise muovono dalla suggestione delle forme di mutualismo degli albori del movimento operaio (come i Fasci siciliani) – è patrimonio comune che questa fase assomigli più alla prima rivoluzione industriale che alla stagione del fordismo – ma si fanno carico di un’analisi critica di quelle forme e si confrontano con la nuova composizione del proletariato: i pugliesi, ad esempio, stanno lavorando a una nuova lega bracciantile in un contesto in cui questo soggetto è in profonda mutazione.

Liberazione continuerà a essere uno degi strumenti a disposizione del partito sociale

LIBERAZIONE DEL 04.05.10 (SCARICA IL Pdf)

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